giovedì 18 giugno 2009

Passeggiata catanese (con divagazioni a nessi associativi allentati)

Una bella lezione magistrale del Prof. Romolo Rossi sul narcisismo, Clitennestra e Medea apre la mia mattinata catanese (finalmente Catania, dopo un bel pò di tempo).
Poi è più forte di me, devo rituffarmi nel pulsare della città che è stata anche mia per tredici anni.
Posteggio agli archi della Marina, e comincio la mia camminata dal mercato all'aperto: la cadenza cantilenante delle voci, il sole che abbacina, la vista e l'odore del pesce fresco, le foto antiche della città, il trovarsi quasi a contatto di pelle con una umanità esuberante, varia, indocile, guizzante; e poi via Etnea, il Duomo con i resti mortali della "santuzza", Agata la martire, anche lei indomabile già da ragazzina.
Entro ed esco dalle librerie che sono state mio riferimento continuo, ne trovo delle altre; e poi le pasticcerie e le gelaterie, i camerieri che continuano a portare granite di mandorla, caffè, limone, gelsi, ai tavolini che si affacciano sul salotto della città; il biancore di Piazza Università, una turista americana pallidissima che si muove come fosse nel deserto, avvolta in un velo leggero che le copre testa e volto. Un vecchietto col vestito "buono", camicia e giacca a maniche lunghe, che cammina lentamente, gracile, a passettini piccoli, e da un momento all'altro sembra cadere. Non cade.
E poi Piazza Stesicoro, e l'inizio dell'altro mercato all'aperto, vestiti e altro: una specie di Chinatown, dove non mancano però africani insieme agli indigeni.
Il chiosco è una tappa obbligata. Chiedo un "completo" con menta: c'è dentro orzata, seltz, limone, anice e menta. Mentre lo assaporo lentamente ad occhi socchiusi, riconciliandomi con l'Universo intero, mi sorprendo a pensare all'incrocio millenario di cromosomi da cui derivo, ed alla memoria incisa nell'inconscio collettivo della mia gente: e mi pare di veder danzare insieme siculi e sicani, greci e fenici, romani, arabi e normanni, ispanici e germanici, e poi ebrei, americani, pakistani, indiani, cinesi e filippini...
Ed ancora Archimede, Gorgia, Empedocle, Stesicoro, Epicarmo, le commedie e le tragedie, Federico II e la scuola siciliana, i Vespri, gli stupri subiti ed i riscatti cercati, le guerre sopportate e le dolcezze vagheggiate, e poi il barocco, e Bellini, De Roberto, Brancati, Verga e i Malavoglia, Pirandello, Tomasi di Lampedusa e il Gattopardo, Garibaldi e i briganti, la mafia e l'antimafia, Falcone, Borsellino, Livatino, Chinnici, Costa, Quasimodo e Fiume, Guttuso e Guccione...
Mi ritorna in mente quanto letto alcuni giorni fa su una rubrica a firma di Corrado Augias: con pensosa compunzione da sacerdote di un disincarnato moralismo amorale, rispondeva ad una lettrice che straparlava (male ovviamente) della Sicilia, ripetendo in sostanza il vecchio clichè della terra irredimibile (chi potrà salvare la Sicilia, più o meno era il senso, se non ricordo male).
Davvero in molti, negli ultimi tre millenni almeno, sono venuti cercando di "salvarci". Io non sento il bisogno di altri salvatori.
Se c'è una cosa che sto imparando da questa metafora gettata nel Mediterrraneo tra fuoco del vulcano e acqua di mare che è la mia terra, è che qui è dato di conoscere , fino ai limiti della vertigine, la carne di cui siamo fatti. E chi ha conosciuto la carne può dannarsi perdendosi in essa senza mai trovarla davvero, o redimersi degustandone in pieno e sposandone il mistero.
Questa redenzione è la sola salvezza in cui credo, e me la dà qualcuno che da Logos ha accettato di farsi carne.
Nulla a che fare con Augias, con rispetto parlando...

6 commenti:

  1. Carissimo Vincenzo,
    ma è chiaro, ma è chiaro... e che, mica vogliamo paragonare quell'Archimede Pitagorico che dicevi, quello che si porta la lampadina appresso, con il Signor Dottor Augias? ;-)

    Bisogna amarla, questa terra e, per quanto a ciascuno è dato, capirla: a voi riesce meglio che ad ogni altro, ma devo dire che anche noi mezzosangue bastardissimi ce la caviamo; almeno io, e soprattutto sull'affetto.

    La forza della Sicilia è in Sicilia, e sono i suoi santi e le sue sante. Ma non solo Sant'Agata e Santa Rosalia. Anche Rosario Livatino, Paolo Borsellino... e chissà quanti altri: perchè i santi di oggi, spesso, si conoscono domani.
    Loro cambieranno la Sicilia.

    Se poi un santo milanese 100% vuol venire giù, io penso che voi, ospitali come siete, lo accogliereste.
    Purchè sia un santo però, non un "ghe pensi mì" ;-)
    Un abbraccio!
    Aurelio Rrromano ;-)

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  2. Ciao , ho letto questo tuo affascinante post stamattina, prima di iniziare la mia giornata .
    Avrei voluto formulare le mie sensazioni immediatamente ma rischiavo di arrivare con grande ritardo al lavoro, oppure di non arrivarci per niente...
    Sarà una casualità ma ritrovo anche in altri blogger siciliani un trasporto e una pasione nel raccontare e trasmettere attraverso la scrittura, le proprie emozioni e sensazioni che davvero è qualcosa di incredibile!
    Racconti la tua città, con i suoi colori, profumi, fruscii... sembra di camminare realmente in quel suolo magico che purtroppo non ho mai visitato,sembra di percorrere con te il percorso che descrivi,si incontrano visi e personaggi che lasciano una traccia perchè rievocano antichi ricordi ben radicati nel tempo che tuttavia scorre, nonostante tutto e nonostante tutti!
    C'è l'arte con i suoi artisti, ma c'è anche chi ha amato la sua Terra fino a morire per lei...
    Condivido che arriva anche un tempo che si è stanchi di avere Personaggi Illustri che dall'esterno hanno la "pretesa" di "salvare" la tua terra...solo chi è in grado di sposare in pieno il mistero di una Terra può avvicinarsi a sfiorare nuove strategie per valorizzare la vostra Sicilia, tutti gli altri possono solo fare ipotesi!
    Un caro abbraccio
    Miriam

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  3. @orsobruno
    E no che non lo vogliamo paragonare, ma proprio no!
    Grazie caro Aurelio. E poi qui tutti mezzosangue siamo, e tutti possono venire, santi, santoni, minchioni, ominicchi e quacquaracquà. I ghe pensi mì pure possono venire, tanto non resistono, fanno il botto e se ne tornano al loro paese.
    Un abbraccio a te.

    @Miriam
    Catania è stata la mia città "d'adozione" per tanti anni, perchè ci ho studiato all'Università e per la Specializzazione.
    Grazie sempre per la tua sensibilità e per le risonanze che trovi nelle cose che leggi qui. Sono sempre contento di conoscere le tue impressioni.
    Un caro abbraccio a te.

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  4. Vince, mi hai fatto venire i brividi...e non è facile per una salentina, figlia del sole, del mare e del vento quale sono io, mio caro.

    Eh, sì! Noi ci comprendiamo perchè abbiamo lo stesso impasto di cromosomi millenari...e siamo figli di una cultura comune.

    Chi straparla male della Sicilia non l'ha mai conosciuta come non ha mai conosciuto i siciliani veri. Io conosco bene sia l'una che gli altri.

    Il mio più caro amico è catanese di Santa Venerina, consorte della mia più cara amica, salentina di Gallipoli.

    Vabbé ho sposato un romagnolo e vivo in Romagna (Al cuor non si comanda!), ma ciò non cambia le radici, che rimangono intatte insieme al resto.

    Augias, con tutto il rispetto fa meglio a parlare d'altro!

    Condivido ogni singola parola di ciò che hai scritto, amico mio.

    Un abbraccio e un bacione salentini.
    annarita

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  5. @Annarita
    Guarda guarda guarda...io vado a Lecce più o meno ogni anno, a seviziare poveri malcapitati aspiranti counselor con terrificanti seminari di psicopatologia, e godendo poi dell'amicizia di persone che mi hanno portato a bighellonare per il Salento. La prima volta sono rimasto senza parole nel vedere le somiglianze di cultura, di paesaggi (ad esempio i muretti a secco nelle campagne), di architettura (il barocco), di gastronomia, addirittura di linguaggio, con parole a volte inspiegabilmente uguali tra leccese e ragusano.
    Senza parlare poi di una cosa come la taranta, sulla quale ci sarebbe da spendere fiumi di inchiostro. E' una elaborazione culturale ed antropologica salentina di un fascino ancestrale; sarà un caso, ma uno dei più grandi interpreti di taranta è Alfio Antico, che viene proprio dalle mie parti, dai Monti Iblei.
    Ricambio con abbraccio e bacione siculamente compiaciuti.

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  6. Ciao Vincenzo, guardando le tristi immagini del disastro accaduto ieri a Messina, mi sono ricordata dei miei amici siciliani che ho "conosciuto" attraverso il blog e anche se tu sei della provincia di Catania, immagino la tua tristezza per quest'immane tragedia che si è abbattuta sulla tua Terra!
    Penso a chi in un attimo ha perso tutto, a chi ora non c'è più, a chi è invece ancora sepolto nel fango...
    Spero e prego che i siciliani sappiano far sentire la loro voce e far valere i loro diritti senza trincerarsi nello sconforto e nell'apatia...
    Un caro abbraccio!

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