sabato 28 marzo 2009

Degli "esseri mostruosi e deformi"

«È lo stesso culto della vita a ogni costo che lascia perplessi i visitatori della Piccola casa della divina Provvidenza, la pia istituzione del Cottolengo, dove tengono in vita esseri mostruosi e deformi. Gli eccessi della carità fanno il paio con quelli dell'ideologia. I cultori della vita a ogni costo in obbedienza a Dio non si accorgono di volersi sostituire a Dio, massima empietà».
Giorgio Bocca, “I faziosi di Eluana”, l’Espresso, 6 marzo 2009.

Immagino che la stessa logica stringente andrebbe applicata anche quando sono solo le teste, ad essere mostruose e deformi.

giovedì 26 marzo 2009

Figlia

Figlia… mi piace dirlo
questo nome… figlia…
E chi potrà rubarmi mai,
poiché nei miei abissi arde,
lo stupore dei tuoi occhi,
l’odore della tua pelle che
placa i gorghi del mio sangue
insonne,
o l’armonia guizzante della
tua danza acerba…
Sempre, figlia, sempre,
sarai fasciata d’amore,
e sfiorata da un tocco
lieve come brezza…


09/12/2002

mercoledì 25 marzo 2009

Darfur: un milione di persone senza cibo entro maggio

Entro maggio - riferisce la Bbc on line - oltre un milione di persone nel Darfur resteranno senza cibo per l'impossibilità di distribuire aiuti alimentari, dopo che il governo sudanese ha espulso le organizzazioni internazionali che se ne occupavano. E' quanto ha dichiarato a Khartum il coordinatore dell'Onu per gli aiuti umanitari in Sudan, Ameerah Haq, aggiungendo che si teme anche una drammatica diminuzione delle riserve d'acqua, già scarsissime, nel giro di due settimane. Il Darfur, l’ampia regione occidentale del Sudan, è sconvolta da una guerra civile esplosa nel febbraio del 2003, e repressa in modo selvaggio, causando finora 300 mila morti ed oltre 2 milioni di profughi, tra orrori senza fine. Proprio gli avvenimenti del Darfur hanno portato il Tribunale penale internazionale de L'Aja ad emettere un mandato di cattura nei confronti del presidente sudanese Omar Al Bashir. E Bashir ha reagito espellendo 13 organizzazioni non governative dal Paese, in maggioranza operanti in Darfur, accusandone gli operatori di essere spie. Ora per risolvere il precipitare del dramma occorrerebbe - secondo Ameerah Haq - che l'Onu trovi immediatamente fondi per avviare una gigantesca distribuzione d'emergenza, poiché la catastrofe appare ormai dietro l'angolo. (R.G.)


La notizia è stata visibile sul sito dell'Ansa stamattina, penso solo per qualche ora. L'ho cercata di nuovo stasera, anche sui siti di altre agenzie di stampa, ma era già scomparsa.
E' grazie al sito di Radio Vaticana che ho felicemente superato il dubbio di soffrire di allucinazioni.

E' una notizia inquietante, certo. Ma la sensibilità dimostrata dai capi di governo di mezza Europa nei confronti dell'Africa, in seguito allo shock subìto per il delitto di leso preservativo, mi conforta molto: la preoccupazione per la salute degli africani è così forte che non riescono a parlare d'altro da giorni. Figurarsi adesso che c'è questa emergenza.
Sono sicuro che arriveranno con lo stesso tempismo dimostrato in quella occasione (bè, con lo stesso magari no, visto che mi sembrano già parecchio in ritardo...), arriveranno dicevo, raffiche di dichiarazioni per tenere viva l'attenzione sul tema, e soprattutto sono sicuro che l'amore per l'Africa e gli africani li avranno già portati a pianificare imponenti operazioni umanitarie da implementare immediatamente, anche con l'ausilio delle forze armate, per impedire l'ennesima catastrofe. Sono sicuro... Certo, sicuro è una parola grossa... Spero... Sarei contento se... Sarebbe bello che...Mi piace immaginare che...Temo che non...



martedì 24 marzo 2009

Non vogliono levarsi il preservativo dalla testa

Tutti, ministri e ministre, presidenti e benpensanti, a rovinar la festa: non vogliono levarsi il preservativo dalla testa.
Il ministro francese, solerte ed attivo, c'è tornato pure oggi, a rimproverare il papa cattivo: "Non si fa, non si tocca il preservativo!".
Li capisco tutti poverini, è stato un colpo sotto la cintura, e gli ha fatto tanta paura.
Se gli tolgono il preservativo, tutti a guardarli in faccia, specialmente gli africani.
E tutti a domandargli, con grugni poco carini: "avevate promesso medicine e soldini : dove sono, brutti birichini?"
Va bene, non abbiate paura, teneteveli in testa e state buoni. Siete così bellini...
Se poi c'è qualcuno che dalla parte del cattivo con me vuole stare, gli regalo un pò di cose da leggere per pensare:


Prof. Umberto Tirelli - coordinatore del Gicat, il Gruppo Italiano Cooperativo Aids e Tumori. Responsabile del Centro di riferimento oncologico di Aviano: «Il Papa ha ragione, i preservativi in Africa non risolveranno il problema».

24 Marzo 2009 AIDS E PRESERVATIVO. Castelli, ordinario di malattie infettive all'Università di Brescia e volontario in Africa. "Il profilattico? Da solo non basta per fermare il virus dell'HIV"


L’Aids in Africa: noi, scienziati col Papa

AFRICA/ 1. Jovine (malata Aids): senza marito e con sei figli ormai orfani, a che mi servono i condom?

AFRICA/ 2. Green (Harvard): io, scienziato laico, sto con il Papa

Aids, allarme sommerso. L’Istituto di Sanità: “La soluzione in Africa non è il condom”

Asianews: La "minaccia" della Chiesa Cattolica e l'aids

Riccardo Bonacina: Il papa, l'Aids e la malafede di Francia, Spagna e UE

Il blog della prof: Il preservativo mediatico

Intervista. Paola Germano, responsabile del programma DREAM: "Il papa ha chiesto cure gratis, in sintonia con la scienza"

Camillo Langone e la favola di cappuccetto rotto. Il Foglio


venerdì 13 marzo 2009

Nour: piccolo frammento della storia ordinaria di un immigrato clandestino

S. è ancora minorenne. Viene in terapia da un paio di mesi. Pare stia uscendo molto bene (facendo i dovuti scongiuri, ovviamente) da una storia di tossicodipendenza iniziata a soli 12 anni. Nella poca strada che ha percorso da quando è nata, è stata azzannata da molti lupi spietati.
I lupi che ha incontrato erano italiani e stranieri, senza distinzione. Tra questi non c'era Nour, immigrato clandestino. S. oggi mi ha parlato di lui. Per sopravvivere faceva il pusher, ma detestava farlo. Quando lei andava a chiedergli la roba, lui si rifiutava di dargliela: sei troppo piccola, vattene a casa. Devi uscirtene fuori da questo schifo. Poi lui ha trovato il coraggio per cambiare mestiere, ed ha cominciato a spaccarsi la schiena in campagna per mantenersi e mandare i soldi a casa in Marocco. Continuavano a sentirsi al telefono, e lui era felice che S. ne stesse uscendo fuori. Continuava ad incoraggiarla, e per lei era importante.
E' stato fermato questa settimana, e verrà espulso per immigrazione clandestina. Un suo connazionale, uno dei lupi, è stato invece arrestato per spaccio di sostanze stupefacenti: starà un pò al fresco.
S. ha pianto molto questa settimana: è affezionata a Nour. Sono amici e basta, ma sono amici sul serio. Sa che per un pò di tempo è stato forse l'unico a volerle bene davvero, gratis. Le dispiace che vada via.

lunedì 9 marzo 2009

Cosa c'è che non va?

A proposito ancora del disagio dei nostri ragazzi, devo ringraziare cybermaster per aver appena trovato nel suo blog un bellissimo video prodotto da una scuola di Enna per aiutare una studentessa anoressica.
Quello che i ragazzi cantano nel video mi sembra richiamare in qualche modo alcune delle cose che ho scritto nel post precedente. In modo particolare il bisogno di essere "visti" realmente:

" ... Guardami negli occhi professore
Chiediti perché non so rispondere
Non c´è solo latino voto e disciplina
Ci sono pure io e il male che ho io

Guardami negli occhi genitore
Chiediti perché non sto in famiglia
Non c´è soltanto shopping,
macchina e carriera
Ci sono pure io e il male che ho io ... "

Copio qui il video perchè penso meriti quanta più visibilità possibile. Questo è poi il sito della bellissima iniziativa: http://www.cosacekennva.it/index2.htm

Convegno sulla famiglia

Sono stato per un paio di giorni a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. Mi hanno invitato a parlare in un bel convegno su "Emergenza famiglia: fra etica, educazione possibile e politiche efficaci". Ho avuto l'onore di presentare la mia relazione, centrata sugli aspetti clinici del lavoro con le famiglie presso il servizio per le tossicodipendenze e per i disturbi del comportamento alimentare dove attualmente lavoro, insieme a due importanti docenti universitari che non conoscevo: il prof. Francesco Gatto, ordinario di didattica e pedagogia e prorettore dell'Università di Messina, ed il Prof. Giovanni Russo, ordinario di bioetica e direttore della scuola superiore di bioetica e sessuologia di Messina.
Ha poi relazionato anche l'Assessore alla Solidarietà Sociale della Provincia di Messina, dott. Pio Amodeo.
Ho ricevuto diversi stimoli e spunti di riflessione, ma mi ha colpito in modo particolare il fatto che le relazioni presentate da persone che non si erano mai conosciute prima, ed appartenenti ad aree professionali diverse, fossero così vicine nell'impostazione, nella analisi dei fenomeni e dei problemi legati alla famiglia in questo contesto storico e culturale, ed anche del possibile lavoro da svolgere sulle famiglie e con le famiglie.
Dopo aver presentato due storie familiari difficili ed il lavoro che stiamo facendo su di loro, ho concluso il mio intervento così: "Queste due storie presentano a mio parere alcuni elementi comuni, che sono poi caratteristici di tante altre storie familiari che incontro quotidianamente nel mio lavoro.
In primo luogo, la sofferenza di figli, che per un motivo o per un altro, e molto spesso al di là di una intenzionalità da parte dei genitori, finiscono per non essere “visti” all’interno del nucleo familiare: vuoi per situazioni di separazione o divorzio vissute male, vuoi per inadeguatezze di tipo relazionale di uno o di entrambi i genitori, vuoi per problemi psichici o di personalità di qualcuno dei membri della famiglia, vuoi per problemi contingenti i più vari, come ad esempio difficoltà economiche, situazioni di handicap nel nucleo familiare, e così via.
E’ un dato assodato che se la famiglia attraversa momenti di difficoltà molto spesso è sola, o gli aiuti che riceve non sono sufficienti. E così nascono, o vengono favorite nel loro svilupparsi, sofferenze che a volte non hanno parola, intense e raggrumate, dure come pietre, senza che trovino presenze amiche, od almeno professionalmente competenti, che possano alleviarle, o tentare di dar loro un senso. Dare un senso, quindi dare parola; ed ascoltare parole; e costruire (o ri-costruire) narrazioni, racconti, storie di sé e del proprio mondo, nel contesto di relazioni incarnate nel quotidiano, fatte di presenza partecipe ed empatica.
Dall’altra parte c’è la sofferenza di genitori che sono sempre più spesso smarriti, defraudati della propria autorevolezza, o a disagio nel guardare dentro di sé, dentro le proprie emozioni, i loro sentimenti, ed ancora una volta nell’ essere in grado di dare parola e corpo ad emozioni e sentimenti, perché possano essere guida per i figli, autorevole per il semplice ed assolutamente non scontato fatto di “esserci-con” loro.
Il tentativo che stiamo provando a mettere in atto nel nostro ruolo di terapeuti è quello di fungere da ponti, che siano in grado, con pazienza e rispetto, di far incontrare tra di loro sofferenze e risorse chiuse nel proprio silenzio autoreferenziale, e lasciare che vengano riannodati i fili di una rete relazionale lacerata dagli scogli dell’incuria, dell’incomprensione, della stanchezza, e del venir meno di speranza e fiducia, che da sole potrebbero invece permettere l’ampliarsi di orizzonti in apparenza irrimediabilmente cupi e ristretti
".
Il consenso che ho ricevuto in primo luogo dagli altri relatori, inaspettato per il calore che persone così autorevoli mi hanno dimostrato su cose che mi sembravano non particolarmente originali, forse anche un pò scontate, mi ha fatto bene.
Torno al lavoro con un pizzico di fiducia in più nel fatto che le cose che sto sperimentando insieme agli altri operatori forse hanno un pò più senso di quanto io stesso credessi. Lo spero, almeno.

lunedì 2 marzo 2009

Grande Fratello in psichiatria

Ho letto poco fa che uno dei concorrenti del Grande Fratello è stato prima espulso dal programma perchè dava segni evidenti di squilibrio, e poi ricoverato in Psichiatria in Trattamento Sanitario Obbligatorio.
Ci sarà qualcuno che pagherà per questo? Mi pare ci sia un team di psicologi che seleziona questi poveri disgraziati per un programma che è la quintessenza dell'idiozia elevata a sistema.
Se questo è vero, ripeto: ci sarà qualcuno che li chiamerà a rispondere in un tribunale, insieme a tutti gli altri responsabili della produzione, per accertare se il loro lavoro (i cui perniciosi effetti sulla psiche di chi guarda, specie se giovane, sono ormai ampiamente evidenti) è stato causa, o concausa, di un preciso e quantificabile danno biologico a carico di una persona che ne era "protagonista"?
Il personale sanitario che in maniera del tutto involontaria, molto spesso anche del tutto imprevedibile, provoca o favorisce l'insorgere di problemi di salute nel paziente, viene frequentemente chiamato a risponderne in sede civile e penale.
In base a quale strano principio questa gente può invece permettersi di evitare di confrontarsi con il peso schiacciante delle proprie responsabilità, aggravate dal fatto che alla base del rapporto con i "protagonisti" del programma non vi fosse alcuna relazione di aiuto, ma anzi, io penso, l'esatto opposto?