domenica 14 dicembre 2008

Fenomenologia è psicoterapia

…ma l’empatia è un’altra cosa. Di essa, soprattutto in ambito clinico, si può auspicare che sia calorosa, perché voglio vedere quale paziente possa desiderare d’avere un medico o uno psicologo o un infermiere freddo ed impartecipe. Non per questo si può sostantivare l’aggettivo e ritenere che l’empatia sia calore. L’autore da citare a proposito dell’empatia è, naturalmente, Edith Stein … Ma bisogna ricordare che il suo pensiero sull’empatia si può riassumere dicendo che l’empatia è accorgersi dell’altro.

E questo non vuol dire di per sé amarlo. Può ben voler dire anche odiarlo, e come!

L’empatia è sentire la presenza dell’altro, farlo risaltare dallo sfondo come figura, trarlo dall’insignificanza, anzi, dall’inesistenza e fargli posto aprendo una nicchia nella nostra indifferenza. L’empatia è una prassi mimetica: “una mimèsi impercettibile dell’altro” (1969). Prassi perché essa si ha quando l’intenzionalità della coscienza si declina secondo modi, che possono essere espressi soltanto col ricorso a metafore corporali e di movimento: “andare incontro”, “aprirsi”, “accogliere”. Mimetica perché i movimenti intenzionali si modellano sull’altro. Quando la prassi mimetica è più che subliminare ed emerge alla coscienza come un fremito, allora ci siamo con l’immedesimazione, cosiddetta perché si ha l’impressione che l’altro si sia in qualche modo insinuato dentro di noi…

Essere disponibile per l’altro vuol dire aprire verso di lui la propria coscienza intenzionale e quindi cogliere in lui, al di là della sua reale malattia mentale e del suo reale disagio esistenziale, due invarianti irreali (fenomeniche): l’opacità e la pesantezza. “Fenomenologia è psicoterapia” in quanto il fenomenologo propone al paziente di prendere quanto più è possibile coscienza del lavoro operato spontaneamente su di lui dall’epochè, e sia pure con un’ “aratura” devastante, mettendo in comune la ricerca della trasparenza e della leggerezza, e così si fa terapeuta.

Il più grave peso e la più oscura opacità vengono dall’insignificanza. Il malato si sente compreso quando avverte che noi non lo releghiamo nell’insignificanza ed il fenomenologo esercita la comprensione col cogliere i significanti per la loro appartenenza pura e semplice alla sfera della significazione (1994).

“Fenomenologia è psicoterapia”: questa “formula” è stata coniata da Barison, come una sintesi dello spirito, che egli ritenne di avere incontrato nei miei scritti. Per quanto possa sembrare iperbolica, gliene sono molto grato, perché la sua autorità mi conforta a mantenere fiducia nella portata intrinsecamente terapeutica della fenomenologia, senza che ci sia bisogno d’inquadrarla in una “psicoterapia fenomenologica” formalizzata…

Lorenzo Calvi, Fenomenologia è psicoterapia, Rivista Comprendre, n. 10, 2000


Ci sono Maestri che non ho mai conosciuto. Eppure, a volte, incontrarli sulle pagine di una rivista può non essere meno intenso che frequentare le corsie dei loro reparti.


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