lunedì 5 ottobre 2009

Biotestamento suicidario

In questo post di alcuni mesi fa ho prospettato, temendole, eventualità che sarebbero sembrate impossibili in un paese civile. Invece erano già successe due anni fa, in Inghilterra: una ragazza inglese di 26 anni, affetta da una grave forma di depressione  e che aveva tentato il suicidio già nove volte, ha fatto il suo bel testamento biologico, ha preso del veleno, poi ha chiamato un'autoambulanza.
E' stata trasportata in ospedale, dove pare abbia riaffermato la volontà suicidaria,  ed ha agonizzato per quattro giorni prima di morire: i medici non hanno alzato un dito per strapparla alla morte, perché "sapeva cosa stava facendo e aveva la capacità mentale di rifiutare le cure". Nei giorni scorsi c'è stata un'udienza che si è conclusa con il coroner che ha definito una scelta saggia quella dei medici inglesi, perché salvare la donna contro il suo consenso "sarebbe stato illegale".
"Sapeva cosa stava facendo" e "aveva la capacità mentale di rifiutare le cure", detto di una persona che  tenta nove volte il suicidio, che ha stilato un testamento biologico suicidario, che è gravemente depressa, che dopo aver ingerito il veleno chiama l'ambulanza (presumibilmente perché ha cambiato idea rispetto al suicidio), che appena arrivata in ospedale riafferma di voler morire,  è, diciamo così, leggermente temerario, dal punto di vista della scienza medica e della psichiatria in particolare.
Ma mi sembra vada da sé che "conquiste umanitarie" come il diritto di morire siano reclamate a gran voce dagli uomini illuminati in nome della scienza e dell'umanità, nello stesso momento in cui, scienza e umanità, le calpestano entrambe senza scrupoli.

Fonti della notizia: Avvenire del 03/10/2009, La Stampa del 02/10/2009

10 commenti:

  1. Povera ragazza.
    Infondo, come tutti coloro che attraversano l'inferno della depressione, non voleva fuggire dalla vita, ma solo ritrovarne i colori, al di là di quell'abisso di sofferenza indicibile.
    E poveri medici,
    che non sono riusciti a comprendere, leggendola anche fra le righe del biotestamento, la sua sete di vita e di senso.
    Il buo Dio dia pace a lei, perdoni e illumini loro.

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  2. In fondo il medico deve scegliere quale qualifica attribuire al suo paziente: se figlio/fratello/madre o se scopa/spazzolone.
    Se tua madre, depressa, tenta il suicidio, fai di tutto per salvarla, anche se ha lasciato per iscritto che rifiuta le cure; di quel foglio, semplicemente, te ne infischi: questa è la decisione saggia.
    Se invece è la tua scopa di saggina che vuole suicidarsi, ve bè, le si può anche venire incontro.
    Scusa il surrealismo dell'esempio.
    Un abbraccio!

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  3. Scusami, sarei interessato a leggere l'articolo della Stampa, che ho qui davanti (3 ottobre). Purtroppo non riesco a trovarlo, mi potresti indicare sezione o pagina? grazie

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  4. @ Myriam
    Parole sagge, Myriam, che condivido :-)

    @Orsobruno
    D'accordo anche con te Aù. Purtroppo è la cronaca ad essere sempre più surreale.
    Ricambio l'abbraccio!

    @Simone
    Hai ragione, piccola svista che correggo. Ho letto l'articolo online, ed era del 2 ottobre. Ti dò il link: http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/hrubrica.asp?ID_blog=90

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  5. Vincenzo, grazie della segnalazione.
    Se ti interessa qui ho appena pubblicato un post: http://www.simonetedeschi.com/2009/10/06/liberta-di-suicidio-per-i-depressi/

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  6. Paradossalmente mi viene da pensare che nella testa di quella ragazza sia scattato un meccanismo perverso ma terribimente lucido.
    La immagino nella sua lucida follia mentre chiama l'ambulanza e espone il suo piano. Non mi sento di azzardare commenti al suo gesto che non approvo, non giustifico ma paradossalmente "rispetto" pur restando nella ferma convinzione che la vita è inviolabile.
    Probabilmente in quei 4 giorni che hanno preceduto la sua morte, finalmente avrà sentito e percepito intorno a lei la solidarietà e la comprensione di cui aveva bisogno per aggrapparsi alla vita che le stava sfuggendo di mano, avrà trovato un senso per quel male che ha condizionato tutta la sua vita, un male dell'anima che molti tendono a disconoscere senza un briciolo di umanità e sensibilità. Ecco io vedo una grandissima ignoranza e mancanza di umanità, indifferenza e fastidio tra quelle persone spesso parenti e familiari che sono indirettamente coinvolte da quella malattia, c'è ancora troppo pressapochismo nei confronti delle malattie mentali in genere, quasi sempre sono (mal)viste e con disprezzo temute come le peggiori pestilenze. Sono convinta che prima della scienza e della società c'è la famiglia che dovrebbe capire ed essere adeguatamente informata e sostenuta e invece viene lasciata a se stessa, priva di strutture e figure di riferimento. Prima o poi anche quel nucleo familiare si "ammala", soffre e si chiude in sè stessa e laddove ci sono figli, questi ne risentono inevitabilmente portando con loro i segni indelebili nella loro crescita personale.
    A questo punto sembrerò cinica ma il discorso "suicidio si/no" non m'interessa più di tanto o quasi...perchè la rabbia e il senso d'impotenza nei confronti di queste persone che soffrono di depressione è davvero enorme, perciò non credo che leggerò l'articolo, nessun estraneo può commentare il senso di abbandono e disperazione di chi vuole farla finita e non trova più il senso in quel suo "non-vivere".
    Spero di non ferire nessuno con queste mie parole, ma sentivo di esternare questi pensieri discutibilissimi ma personali.
    Mi piacerebbe che le persone in generale, non sfrutassero più la parola "depressione" , dove ormai la si usa per affermare semplicemente uno stato di stress che fa parte della vita di ogni individuo, la VERA depressione lentamente fa desiderare la morte ed è ben altra cosa.
    Ciao Vincenzo!

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  7. @Miriam
    sono d'accordissimo con te,cara quasi-omonima, soprattutto sulla necessità di un concreto sostegno alle famiglie e di una efficace informazione sulle malattie mentali. L'ignoranza genera pregiudizio, il pregiudizio genera paura, la paura genera emarginazione, l'emarginazione rende ancora più atroce la sofferenza. Quanto alla depressione, da un lato, come dici tu, non la si deve confondere con i momenti di sconforto e stress che fanno parte della vita di ognuno; ma dall'altro non si deve usare questa parola come una sorta di "ombrello", per indicare patologie di natura diversa e più grave, come i disturbi della personalità. I media fanno in merito una sistematica confusione, che sicuramente non giova a dissipare il pregiudizio attorno a questa malattia. Che, fra l'altro, è un "semplice" disturbo dell'umore, oggi perfettamente curabile. E anche questo va detto a chiare lettere.
    Ciao, Miriam! Ciao, Vince! ;-)

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  8. @Myriam
    Grazie per aver condiviso il mio pensiero buttato di getto e d'impulso...che diversamente avrei spostato nel cestino!
    Ciao a te carissima quasi-omonima, non fosse altro che per quella "Y" che ci differenzia...
    Un caro saluto a te Vincenzo, una visitina da me no?(scherzo, scherzo!)

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  9. Credo che nessuno riuscirà mai, ad entrare realmente nell'animo umano. Il mal di vivere, spesso viene frainteso. O forse é la stessa persona affetta da tale male che non riesce a spiegare a parole ciò che prova. Ma i gesti parlano per lei. Il testamento lasciato, l'autambulanza chiamata, é un chiaro segnale che nonostante i disagi mentali, quella ragazza, voleva comumque essere aiutata. Forse il testamento é stato stilato in un momento di grave disagio psichico in cui lei non riusciva a intravedere uno spiraglio di luce. Rimango in silenzio...arrabiata dinnanzi alla considerazione che ha il medico stesso del malato di mente. Dio non voglia che qualcuno debba passare per quel tunnel.
    Parlo con cognizione di causa, per aver sperimentato sulla sua pelle, e credimi; rialzarsi é stato molto difficile.

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  10. Mi chiedo quale straziante dolore portasse dentro quella giovane ragazza, tale, da aver spinto la sua mano a scrivere un testamento 'suicidario'. A volte il dolore é talmente macroscopico che ti toglie la lucidità e ti fa immergere nelle acque torbide della demenza. C'è un limite molto sottile che esiste tra depressione e demenza. Quando la depressione é così acuta e difficile da gestire sfoccia in follia. Ma é imperdonabile il gesto quasi cinico dei medici. Loro che hanno prestato giuramento,quando sono diventati medici, non potevano capire che l'ultimo suo gesto era un chiaro bisogno d'aiuto? Lei voleva vivere. Voleva essere aiutata. Nessuno di noi si può assurgere a Dio Onnipotente. Ma anzi, abbiamo tutti il compito preciso di aiutare il nostro prossimo. Nessuna vita é da buttare via. Qualsiasi vita va rispettata e aiutata, e rimessa in gioco se ciç é neccessario. Non va aiutata a norire ma a vivere dignitosamente. fornendo sostegni validi e farmaci che aiutino il malato a superare il disagio della malatia.
    Occorrerebbe che le coscenze si risvegliassero e soprattutto nell'ambiente ospedaliero considerassero il malatto non una malattia, o un numero, ma un essere umano. Una vita, un cuore pulsante, una mente e uno spirito.
    By Lilly

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