sabato 7 febbraio 2009

Eutanasia: un pò di storia

...Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e offesa.
Non darò un farmaco mortale a nessuno, anche se richiestomi, nè proporrò un consiglio di questo genere...
Dal Giuramento di Ippocrate, 430 A.C.

Primum non nocere. Per prima cosa astenersi dal nuocere al paziente
Principio cardine dell'arte medica

Correva l'anno 1920. In Germania veniva pubblicato il libro "L'autorizzazione all'eliminazione delle vite non più degne di essere vissute". Gli autori erano Alfred Hoche, uno psichiatra, e Karl Binding, un giurista.
La tesi: uccidere i malati incurabili avrebbe portato benefici a loro stessi ed ai loro parenti, terminandone le sofferenze. Ma avrebbe portato benefici anche allo Stato, che aveva il dovere di destinare le risorse economiche in maniera razionale, quindi alle persone la cui vita era degna di essere vissuta.
Dopo qualche anno queste idee, che fino ad allora nella civilissima Germania non avevano avuto cittadinanza, cominciarono ad essere sdoganate, e nel breve volgere di un decennio diventarono patrimonio comune della gran parte della comunità scientifica.
Il nazismo di suo aggiunse la necessità di preservare la razza favorendo i caratteri ereditari eugenici e sfavorendo i caratteri ereditari disgenici.
Ed il regime non fece mancare una propaganda martellante per convincere la popolazione della giustezza dell'opzione eutanasica, attraverso riviste, pubblicazioni, mostre, filmati.
Cominciò la sterilizzazione di massa dei malati mentali, delle persone con disturbi di personalità o semplicemente considerate pericolose per il Reich a causa delle loro idee o comportamenti.
Dalla sterilizzazione si passò subito alla eliminazione fisica.
Furono aggiunte diverse categorie, tra cui i bambini affetti da deficit fisici o psichici.
Si trattava dell'operazione segreta "Aktion T4", o operazione eutanasia.
L'organizzazione era affidata al medico personale di Hitler, Karl Brandt, che si avvalse della collaborazione del ministero dell'Interno, del Ministero della Sanità del Reich, e dell'aiuto attivo ed entusiasta di numerosi psichiatri tedeschi di fama, come i professori Heyde, Nietsche, Pfanmuller, Kranz, che inviavano i malati in "stazioni di osservazione", dove la diagnosi veniva confermata nella quasi totalità dei casi, e si provvedeva quindi al trasferimento presso gli istituti di eutanasia. Qui le povere vittime venivano fatte morire lentamente di fame e sete, o insonnolite con iniezioni di morfina o scopolamina, o drogate con sonniferi, dopodichè a gruppi di dieci o quindici subivano la triste sorte delle camere a gas. Fu proprio nell'ambito del progetto eutanasia, infatti, che i carnefici scoprirono l'utilità dell' uso del gas per eliminare un gran numero di persone senza particolari problemi o difficoltà organizzative.
Una sorta di prova generale per quello che di lì a poco sarebbe avvenuto nei campi di concentramento delle varie Auschwitz, Birkenau, Treblinka.
I familiari delle vittime, ignari, venivano informati della morte del congiunto con lettere stereotipate che motivavano il decesso con "debolezza cardiaca" o "polmonite".
I cervelli delle vittime venivano inviati, per essere sezionati e studiati, a professori universitari di fama come Schneider, o Hallervorden, o Spatz, che a volte se li sceglievano prima dell'eliminazione fisica del proprietario, selezionando le persone e le patologie cui erano interessati.
Questi nomi di autentici criminali sono ancora stimati come nomi di scienziati di grandissimo livello. Nessuno di loro ha mai pagato, neanche in termini di onorabilità.
Basti pensare che esiste una sindrome neurologica che si chiama Hallervorden -Spatz, senza che a nessuno sia venuta la fantasia di cambiarne il nome.
Quando l'operazione, per le sue dimensioni, cominciò a divenire di pubblico dominio, alcune voci si levarono per denunciarne l'orrore. Determinante in questo senso fu il ruolo delle chiese cattolica e protestante. La figura dell'arcivescovo di Münster, Clemens August von Galen, resta ancora emblematica per l'inaudito coraggio con cui sfidò l'intero regime nazista, chiamando le cose con il loro nome e stgmatizzando le gravissime responsabilità dei politici. Il tutto in un clima di intimidazione e terrore, oltre che di indifferenza, collateralità o consenso di una parte del popolo tedesco nei confronti dell'eutanasia di Stato, frutto anche, probabilmente, della martellante propaganda pro-eutanasica.
Alla fine Hitler, preoccupato del malcontento che comiciava a diffondersi, decise di porre termine all'operazione, che aveva fatto un numero imprecisato di vittime e di sterilizzazioni forzate, stimabile, con approssimazioni la cui entità è difficile da definire, almeno in diverse centinaia di migliaia.
Iniziò però subito dopo una operazione ancora più segreta, la Aktion 14F13, che portò all'eliminazione di pressochè tutti i disabili psichici detenuti nei campi di concentramento.
Tutto il
know how (iniezioni letali, gas, modalità di organizzazione) acquisito negli istituti di eutanasia, infatti, venne utilizzato, insieme al personale che vi si era distinto, a servizio dello sterminio scientificamente organizzato dei grandi campi di concentramento.
Aveva inizio la Shoah.


Bibliografia
Petacco A.: Enciclopedia della Seconda Guerra Mondiale. Curcio, Bergamo, 1979.
V. Dicks H.: La libertà di uccidere. Studio socio-psicologico sulla criminalità delle SS. Rizzoli, Milano, 1974.
http://www.olokaustos.org/argomenti/eutanasia

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