lunedì 9 marzo 2009

Convegno sulla famiglia

Sono stato per un paio di giorni a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. Mi hanno invitato a parlare in un bel convegno su "Emergenza famiglia: fra etica, educazione possibile e politiche efficaci". Ho avuto l'onore di presentare la mia relazione, centrata sugli aspetti clinici del lavoro con le famiglie presso il servizio per le tossicodipendenze e per i disturbi del comportamento alimentare dove attualmente lavoro, insieme a due importanti docenti universitari che non conoscevo: il prof. Francesco Gatto, ordinario di didattica e pedagogia e prorettore dell'Università di Messina, ed il Prof. Giovanni Russo, ordinario di bioetica e direttore della scuola superiore di bioetica e sessuologia di Messina.
Ha poi relazionato anche l'Assessore alla Solidarietà Sociale della Provincia di Messina, dott. Pio Amodeo.
Ho ricevuto diversi stimoli e spunti di riflessione, ma mi ha colpito in modo particolare il fatto che le relazioni presentate da persone che non si erano mai conosciute prima, ed appartenenti ad aree professionali diverse, fossero così vicine nell'impostazione, nella analisi dei fenomeni e dei problemi legati alla famiglia in questo contesto storico e culturale, ed anche del possibile lavoro da svolgere sulle famiglie e con le famiglie.
Dopo aver presentato due storie familiari difficili ed il lavoro che stiamo facendo su di loro, ho concluso il mio intervento così: "Queste due storie presentano a mio parere alcuni elementi comuni, che sono poi caratteristici di tante altre storie familiari che incontro quotidianamente nel mio lavoro.
In primo luogo, la sofferenza di figli, che per un motivo o per un altro, e molto spesso al di là di una intenzionalità da parte dei genitori, finiscono per non essere “visti” all’interno del nucleo familiare: vuoi per situazioni di separazione o divorzio vissute male, vuoi per inadeguatezze di tipo relazionale di uno o di entrambi i genitori, vuoi per problemi psichici o di personalità di qualcuno dei membri della famiglia, vuoi per problemi contingenti i più vari, come ad esempio difficoltà economiche, situazioni di handicap nel nucleo familiare, e così via.
E’ un dato assodato che se la famiglia attraversa momenti di difficoltà molto spesso è sola, o gli aiuti che riceve non sono sufficienti. E così nascono, o vengono favorite nel loro svilupparsi, sofferenze che a volte non hanno parola, intense e raggrumate, dure come pietre, senza che trovino presenze amiche, od almeno professionalmente competenti, che possano alleviarle, o tentare di dar loro un senso. Dare un senso, quindi dare parola; ed ascoltare parole; e costruire (o ri-costruire) narrazioni, racconti, storie di sé e del proprio mondo, nel contesto di relazioni incarnate nel quotidiano, fatte di presenza partecipe ed empatica.
Dall’altra parte c’è la sofferenza di genitori che sono sempre più spesso smarriti, defraudati della propria autorevolezza, o a disagio nel guardare dentro di sé, dentro le proprie emozioni, i loro sentimenti, ed ancora una volta nell’ essere in grado di dare parola e corpo ad emozioni e sentimenti, perché possano essere guida per i figli, autorevole per il semplice ed assolutamente non scontato fatto di “esserci-con” loro.
Il tentativo che stiamo provando a mettere in atto nel nostro ruolo di terapeuti è quello di fungere da ponti, che siano in grado, con pazienza e rispetto, di far incontrare tra di loro sofferenze e risorse chiuse nel proprio silenzio autoreferenziale, e lasciare che vengano riannodati i fili di una rete relazionale lacerata dagli scogli dell’incuria, dell’incomprensione, della stanchezza, e del venir meno di speranza e fiducia, che da sole potrebbero invece permettere l’ampliarsi di orizzonti in apparenza irrimediabilmente cupi e ristretti
".
Il consenso che ho ricevuto in primo luogo dagli altri relatori, inaspettato per il calore che persone così autorevoli mi hanno dimostrato su cose che mi sembravano non particolarmente originali, forse anche un pò scontate, mi ha fatto bene.
Torno al lavoro con un pizzico di fiducia in più nel fatto che le cose che sto sperimentando insieme agli altri operatori forse hanno un pò più senso di quanto io stesso credessi. Lo spero, almeno.

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