sabato 18 aprile 2009

E se scrivessimo due parole all'Ambasciatore del Belgio?

L’Ambasciatore del Regno del Belgio, dietro istruzioni del Ministro degli Affari Esteri, ha fatto parte all’Ecc.mo Mons. Segretario per i Rapporti con gli Stati della Risoluzione con cui la Camera dei Rappresentanti del proprio Paese ha chiesto al governo belga di "condannare le dichiarazioni inaccettabili del Papa in occasione del suo viaggio in Africa e di protestare ufficialmente presso la Santa Sede". L’incontro si è svolto il 15 aprile c.m.

La Segreteria di Stato prende atto con rammarico di tale passo, inconsueto nelle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e il Regno del Belgio. Deplora che una Assemblea Parlamentare abbia creduto opportuno di criticare il Santo Padre, sulla base di un estratto d’intervista troncato e isolato dal contesto, che è stato usato da alcuni gruppi con un chiaro intento intimidatorio, quasi a dissuadere il Papa dall’esprimersi in merito ad alcuni temi, la cui rilevanza morale è ovvia, e di insegnare la dottrina della Chiesa.

Come si sa, il Santo Padre, rispondendo ad una domanda circa l’efficacia e il carattere realista delle posizioni della Chiesa in materia di lotta all’AIDS, ha dichiarato che la soluzione è da ricercare in due direzioni: da una parte nell’umanizzazione della sessualità e, dall’altra, in una autentica amicizia e disponibilità nei confronti delle persone sofferenti, sottolineando anche l’impegno della Chiesa in ambedue gli ambiti. Senza tale dimensione morale ed educativa la battaglia contro l’AIDS non sarà vinta.

Mentre, in alcuni Paesi d’Europa, si scatenava una campagna mediatica senza precedenti sul valore preponderante, per non dire esclusivo, del profilattico nella lotta contro l’AIDS, è confortante costatare che le considerazioni di ordine morale sviluppate dal Santo Padre sono state capite e apprezzate, in particolare dagli africani e dai veri amici dell’Africa, nonché da alcuni membri della comunità scientifica. Come si può leggere in una recente dichiarazione della Conferenza Episcopale Regionale dell’Africa dell’Ovest (CERAO): "Siamo grati per il messaggio di speranza che [il Santo Padre] è venuto ad affidarci in Camerun e in Angola. E’venuto ad incoraggiarci a vivere uniti, riconciliati nella giustizia e la pace, affinché la Chiesa in Africa sia lei stessa una fiamma ardente di speranza per la vita di tutto il continente. E lo ringraziamo per aver riproposto a tutti, con sfumatura, chiarezza e acume, l’insegnamento comune della Chiesa in materia di pastorale dei malati di AIDS".

Questa è la replica ufficiale della Santa Sede alla risoluzione del parlamento belga contro papa Benedetto XVI.

Chi vuole far notare ai politici belgi che non accetta che la libertà di espressione e di opinione di chicchessia venga messa sotto tutela, sia se a farlo sia la Cina con il Dalai Lama, sia che provino a farlo Paesi "democratici" come il Belgio con il Papa...

Chi vuole fare notare ai politici belgi che magari qualcuno ci resta male, per dire così, che al Papa ed alla visione del mondo cristiana, che, piaccia o no, conta ancora qualche milione di estimatori, si continui a mancare di rispetto in modo sempre più volgare, superficiale, becero...

Chi vuole ricordare ai politici belgi che di inaccettabile per L'Africa e gli Africani, forse ci sarebbe il recente passato coloniale del loro Paese, con lo sfruttamento senza scrupoli e la depredazione di risorse naturali di intere nazioni; e che magari avrebbero potuto indirizzare meglio la loro sollecitudine per la vita ed il benessere delle popolazioni africane approvando una risoluzione che chiedesse loro scusa per quanto sopra...

Chi vuole semplicemente dire "sono indignato"...

...Può farlo, se vuole, al seguente indirizzo email della Ambasciata del Belgio in Italia: ambelrom@tin.it, mettendo come oggetto "Mozione del parlamento belga contro Sua Santità Benedetto XVI", intestando l'email "A Sua Eccellenza l'Ambasciatore del Regno del Belgio in Italia", ed aggiungendo nome, cognome e città di residenza.

Io l'ho fatto.

sabato 11 aprile 2009

Maria prima della resurrezione secondo Alda Merini

Lasciate che la morte
abiti nel mio cuore,
lasciate pure che del vento della mia giovinezza
e dei miei grandi amori stellari
non rimanga più nulla,
lasciatemi nella prigione del dolore.
L'amore di Dio
era una grande prigione
entro la quale ho cantato i miei alleluia, la mia giovinezza,
l'attesa di questo figlio.
Ma ora ogni suo chiodo
mi strappa la carne.
Pensavo che i Profeti
avrebbero avuto misericordia
di una povera madre,
ma invece non è così.
La morte odora di fresco,
la morte è una seconda resurrezione,
la morte è un giardino immenso.
Ma per entrare in questo giardino
bisogna conoscere il senso della morte.
Nessuna donna come me
si è vista strappare le viscere dal cuore,
la carne dal suo sentimento.
Come dire a Dio Supremo
che il mio amore era fatto di carne,
che il mio amore era fatto di lacrime,
che il mio Gesù
è nato su un trono di luce,
che è cresciuto
nel più grande degli anfiteatri,
che è il re di tutta la terra?
Qualsiasi madre direbbe la stessa cosa,
ma questo era il Dio vero,
ma questo era veramente il Messia.
L'ora della verità mi è sopra
ed è un tremendo terremoto,
ma mio figlio risorgerà
e la sua resurrezione
avvolgerà l'universo.
Mio figlio è veramente il Messia,
mio figlio è il Re dei Re.

Alda Merini, da: Magnificat, un incontro con Maria, Frassinelli 2002.


Buona Pasqua

mercoledì 8 aprile 2009

Edith Stein, l'empatia e la Scientia Crucis

Penso che questa sia la settimana giusta per sussurrare qualcosa della mia "padrona di casa". Considero Edith Stein una delle più grandi ed affascinanti personalità del secolo passato. Parlare di lei necessiterebbe di uno spazio pari ad una enciclopedia. Proverò a dire qualcosa in poche frasi.
Discepola di Husserl, fondatore della fenomenologia, caratterizzò i suoi studi , tra l'altro, anche per l' approccio di tipo antropologico filosofico, dove metteva al centro dell'indagine fenomenologica la persona umana (cfr Anna Maria Pezzella, "L'antropologia filosofica di Edith Stein", Città Nuova, Roma 2003). Sviluppò i suoi studi approfondendo sia l'ambito della interiorità dell'essere umano, sia quello dei rapporti interpersonali. Centrale e di grandissima modernità, è il concetto da lei sviluppato ed approfondito di Einfühlung (intuizione empatica). Basti pensare, per considerarne l'attualità nell'ambito delle scienze umane e delle relazioni d'aiuto, alle recenti scoperte (tra gli anni '80 e '90) di Rizzolatti e Coll., ricercatori dell'Università di Parma, riguardanti i neuroni specchio, considerati da molti la più importante scoperta delle neuroscienze degli ultimi decenni. I neuroni specchio possono essere considerati la base neurobiologica del concetto di empatia, così finemente elaborato dalla Stein settant'anni prima su basi esclusivamente filosofiche. La ricerca sull'uomo, in Edith Stein, non fu mai sganciata dalla ricerca sul senso della sua stessa esistenza.
Di famiglia ebrea, orfana di padre poco dopo la sua nascita, fu atea per gran parte della sua giovinezza, pur mostrando sempre grandissimo rispetto per la profonda fede della madre, che accompagnava sempre alle funzioni della sinagoga, ed un assoluto senso di appartenenza al suo popolo. A casa di una coppia di amici di fede evangelica trova una sera l'autobiografia di Santa Teresa d'Avila. La legge tutta in una notte, ed alla fine esclama "Questa è la verità". Di lì a poco riceverà il battesimo, ed il 15/04/1934 entrerà nel Carmelo di Colonia con il nome di madre Teresa Benedetta della Croce. Al contrario di quello che pensavano la maggior parte dei suoi parenti ed amici ebrei, compresa la madre che visse con grande dolore e senza capirla, pur nel rispetto, la scelta della figlia, la sua conversione al cattolicesimo non significò mai per lei rinnegare il suo essere ebrea. Anzi continuò ad essere sempre fiera di essere figlia di Israele, ed al padre gesuita Hirschmann scrisse "Non può immaginare che significhi per me essere figlia del popolo eletto: significa appartenere a Cristo non solo con lo spirito, ma con il sangue". Da subito la vita mistica di Edith si incentrò sul mistero della Croce, che volle portare con sè anche nel nome.

Il 2 agosto 1942 si trovava nel convento di Echt, insieme alla sorella Rosa. Da tempo si stava dedicando alla sua ultima opera, "Scientia Crucis", "La Scienza della Croce".
Il 26 luglio i vescovi cattolici ed i ministri protestanti d'Olanda avevano fatto leggere in tutte le chiese una lettera di energica protesta contro le deportazioni in massa degli ebrei.
Come rappresaglia nazista, tutti i cattolici ebrei presenti nei conventi d'Olanda furono deportati.
La Gestapo s'incaricò il compito di portare via Edith e la sorella. Le sue ultime parole furono udite in quel contesto. "Vieni, andiamo per il nostro popolo", disse alla sorella prendendola per mano.
Già nella Quaresima del 1933 aveva presentito tutto questo. Aveva allora detto infatti: "Avevo già saputo delle persecuzioni...ma in quel momento vidi chiaramente ...che il destino di quel popolo diveniva tutt'uno col mio"; e poi: "Mi rivolgevo interiormente al Signore, dicendogli che sapevo che era proprio la sua Croce che veniva imposta al nostro popolo. La maggior parte degli ebrei non riconosceva il Signore, ma quelli che capivano non avrebbero potuto fare a meno di portare la Croce. E' ciò che desideravo fare. Gli chiesi solo di mostrarmi come".
Il 9 agosto 1942 entrambe arrivarono ad Auschwitz- Birkenau, dove furono subito inviate alle camere a gas.
Fu il modo, per Edith, di completare sugellandola con la sua vita e la sua morte, la sua Scientia Crucis.






Dedicato a chiunque stia facendo esperienza della croce. Dedicato a chi è morto ed a chi ricomincia a vivere in Abruzzo.


Riferimenti bibliografici
Anna Maria Pezzella, L'antropologia filosofica di Edith Stein, Città Nuova, Roma 2003
Angela Ales Bello, La passione per la verità, EMP 2003
Angela Ales Bello, Edith Stein. Patrona d'Europa, Piemme 2000
http://www.filosofico.net/edithstein.htm
Marco Iacoboni, I neuroni specchio, Bollati Boringhieri 2008

venerdì 3 aprile 2009

Il Belgio ed il Papa

Nella stessa giornata in cui in Belgio è stata eliminata con l'eutanasia legale una donna di 93 anni, sana ma semplicemente stanca di vivere, il Parlamento belga (in attesa di estendere l'eutanasia a bambini ed handicappati) era impegnato altrove, ad approvare a schiacciante maggioranza una risoluzione che impegna il governo a presentare una protesta ufficiale presso la Santa Sede per le dichiarazioni del Papa in materia di lattice ed AIDS, definendo le stesse affermazioni "pericolose ed inaccettabili". "Inaccettabili" è stato il risultato di una mediazione, in quanto la parola originale era niente di meno che "irresponsabili".
Per poco sembra non si sia arrivati addirittura al ritiro dell'ambasciatore belga presso la Santa Sede. Il cardinale Godfried Danneels, in perfetto stile farisaico, aveva detto che il papa aveva ragione, ma avrebbe fatto meglio a non dire quello che ha detto.
Davvero inutile spendere altre parole.
Non mi sorprende che il Parlamento triste di un triste Paese in un triste continente confuso, si impegni ufficialmente a mettere il bavaglio ad un uomo umile e libero, che parla di gioia, di vita, di dignità degli uomini e dei popoli, di coraggio e di coerenza.
Ed impegnandosi in questo, lo stesso Parlamento sottoponga ad eutanasia senza neanche pensarci tanto uno dei cardini delle democrazie occidentali, che era la libertà di pensiero e di parola, senza arrivare a scomodare la libertà di religione.

mercoledì 1 aprile 2009

Di sole, limoni e depressione.

Mi hanno pregato di andare a trovare, in campagna, una signora ormai anziana, che convive con una grave forma di depressione unipolare ricorrente sin dalla sua adolescenza.
Suo figlio sin da piccolo era un mio carissimo amico, e passavo con lui ed i suoi genitori intere giornate, spesso nei loro vigneti, o a girare in bici corredate di pezzi di cartone che facevamo saltare tra i raggi delle ruote per simulare il rumore dei motori; o a bighellonare all'ombra di ulivi e carrubbi nelle estati delle nostre zone, inondate di sole e cicale.
Appena arrivato a casa loro, mi hanno accolto con gioia e semplicità. Non sono riuscito a convincerli a darmi, come facevano un tempo, del tu, che io sono sempre Vincenzo e nulla è cambiato: hanno continuato a chiamarmi con deferenza dottore. L'unico risultato che ho ottenuto è che alla fine ci siamo accordati su dottore Vincenzo. Inutile insistere.
Lei mi ha raccontato tutta la sua storia, costellata di paura e sofferenza sin da quando era piccola, per quel male oscuro che la prendeva misteriosamente e la gettava nell'angoscia più nera, e che i medici allora attribuivano al fatto che mangiasse poco.
Più di trenta anni fa passò attraverso un carcinoma della mammella, riuscendo a sopravvivere, al contrario della sorella, che operata dello stesso male nello stesso anno, morì dopo poco.
Non sa parlare in italiano, ma è una persona saggia. Ha tirato su una famiglia sana, ha saputo sbracciarsi tante volte nella vita, e quando altri avrebbero ceduto lei ha resistito.
E' assetata, alle porte degli ottanta anni, di conoscenza: mi ha fatto tante domande sul perchè le succedano queste cose, sulle origini della depressione, sulla sua etiologia, sulle cure di una volta e su quelle attuali. Ha voluto sapere cos'è il sonnambulismo, del quale sentiva parlare da piccola per un caso verificatosi dove abitava. Mi ha chiesto se fa bene a non credere a quello che le raccontavano da piccola, che avesse a che fare con l'intervento degli spiriti (
i padroni del luogo).
E poi mi ha raccontato di come seguire le notizie in televisione in questi periodi di umore nero la impressioni parecchio, ed allora evita la televisione, "preferisco seguire Radio Maria, dove dicono cose buone e si prega, che mi fa bene".
Il marito era lì, ormai più che ottantenne, ancora in attività lavorativa (guida ancora il trattore giornalmente), e mi ha chiesto tante cose anche lui. Mi ha fatto sapere di un incidente avuto qualche anno fa col trattore, da cui non ricavò alcuna conseguenza fisica, ma che gli ha lasciato i segni più profondi di un'ansia post-traumatica. Ed ha tenuto a chiedere il mio parere sui farmaci che il medico gli ha prescritto per la
prospera (ci sono stato più di qualche secondo a farmi la traduzione istantanea: prostata!).
Vedere entrambi ascoltare a bocca socchiusa ed occhi sgranati, come fossero parole di chissà quale sapienza sconosciuta ed avvincente, le cose che dicevo, mi ha provocato una tenerezza acuta e commossa, e si è subito sovrapposta alla mia vista interiore una immagine molto più antica, di trentacinque anni fa, quando ero io, bambino, ad ascoltare con lo stesso atteggiamento rapito loro due, nella loro vigna, spiegarmi come fare a riconoscere e raccogliere i grappoli d'uva matura.
Ovviamente, non mi hanno fatto andare via a mani vuote: neanche il tempo di uscire da casa, e già erano lì a raccogliere limoni ed a riempire una bottiglia di vino Cerasuolo dalle loro botti. Anche qui, inutile tentare di opporsi.

sabato 28 marzo 2009

Degli "esseri mostruosi e deformi"

«È lo stesso culto della vita a ogni costo che lascia perplessi i visitatori della Piccola casa della divina Provvidenza, la pia istituzione del Cottolengo, dove tengono in vita esseri mostruosi e deformi. Gli eccessi della carità fanno il paio con quelli dell'ideologia. I cultori della vita a ogni costo in obbedienza a Dio non si accorgono di volersi sostituire a Dio, massima empietà».
Giorgio Bocca, “I faziosi di Eluana”, l’Espresso, 6 marzo 2009.

Immagino che la stessa logica stringente andrebbe applicata anche quando sono solo le teste, ad essere mostruose e deformi.

giovedì 26 marzo 2009

Figlia

Figlia… mi piace dirlo
questo nome… figlia…
E chi potrà rubarmi mai,
poiché nei miei abissi arde,
lo stupore dei tuoi occhi,
l’odore della tua pelle che
placa i gorghi del mio sangue
insonne,
o l’armonia guizzante della
tua danza acerba…
Sempre, figlia, sempre,
sarai fasciata d’amore,
e sfiorata da un tocco
lieve come brezza…


09/12/2002

mercoledì 25 marzo 2009

Darfur: un milione di persone senza cibo entro maggio

Entro maggio - riferisce la Bbc on line - oltre un milione di persone nel Darfur resteranno senza cibo per l'impossibilità di distribuire aiuti alimentari, dopo che il governo sudanese ha espulso le organizzazioni internazionali che se ne occupavano. E' quanto ha dichiarato a Khartum il coordinatore dell'Onu per gli aiuti umanitari in Sudan, Ameerah Haq, aggiungendo che si teme anche una drammatica diminuzione delle riserve d'acqua, già scarsissime, nel giro di due settimane. Il Darfur, l’ampia regione occidentale del Sudan, è sconvolta da una guerra civile esplosa nel febbraio del 2003, e repressa in modo selvaggio, causando finora 300 mila morti ed oltre 2 milioni di profughi, tra orrori senza fine. Proprio gli avvenimenti del Darfur hanno portato il Tribunale penale internazionale de L'Aja ad emettere un mandato di cattura nei confronti del presidente sudanese Omar Al Bashir. E Bashir ha reagito espellendo 13 organizzazioni non governative dal Paese, in maggioranza operanti in Darfur, accusandone gli operatori di essere spie. Ora per risolvere il precipitare del dramma occorrerebbe - secondo Ameerah Haq - che l'Onu trovi immediatamente fondi per avviare una gigantesca distribuzione d'emergenza, poiché la catastrofe appare ormai dietro l'angolo. (R.G.)


La notizia è stata visibile sul sito dell'Ansa stamattina, penso solo per qualche ora. L'ho cercata di nuovo stasera, anche sui siti di altre agenzie di stampa, ma era già scomparsa.
E' grazie al sito di Radio Vaticana che ho felicemente superato il dubbio di soffrire di allucinazioni.

E' una notizia inquietante, certo. Ma la sensibilità dimostrata dai capi di governo di mezza Europa nei confronti dell'Africa, in seguito allo shock subìto per il delitto di leso preservativo, mi conforta molto: la preoccupazione per la salute degli africani è così forte che non riescono a parlare d'altro da giorni. Figurarsi adesso che c'è questa emergenza.
Sono sicuro che arriveranno con lo stesso tempismo dimostrato in quella occasione (bè, con lo stesso magari no, visto che mi sembrano già parecchio in ritardo...), arriveranno dicevo, raffiche di dichiarazioni per tenere viva l'attenzione sul tema, e soprattutto sono sicuro che l'amore per l'Africa e gli africani li avranno già portati a pianificare imponenti operazioni umanitarie da implementare immediatamente, anche con l'ausilio delle forze armate, per impedire l'ennesima catastrofe. Sono sicuro... Certo, sicuro è una parola grossa... Spero... Sarei contento se... Sarebbe bello che...Mi piace immaginare che...Temo che non...



martedì 24 marzo 2009

Non vogliono levarsi il preservativo dalla testa

Tutti, ministri e ministre, presidenti e benpensanti, a rovinar la festa: non vogliono levarsi il preservativo dalla testa.
Il ministro francese, solerte ed attivo, c'è tornato pure oggi, a rimproverare il papa cattivo: "Non si fa, non si tocca il preservativo!".
Li capisco tutti poverini, è stato un colpo sotto la cintura, e gli ha fatto tanta paura.
Se gli tolgono il preservativo, tutti a guardarli in faccia, specialmente gli africani.
E tutti a domandargli, con grugni poco carini: "avevate promesso medicine e soldini : dove sono, brutti birichini?"
Va bene, non abbiate paura, teneteveli in testa e state buoni. Siete così bellini...
Se poi c'è qualcuno che dalla parte del cattivo con me vuole stare, gli regalo un pò di cose da leggere per pensare:


Prof. Umberto Tirelli - coordinatore del Gicat, il Gruppo Italiano Cooperativo Aids e Tumori. Responsabile del Centro di riferimento oncologico di Aviano: «Il Papa ha ragione, i preservativi in Africa non risolveranno il problema».

24 Marzo 2009 AIDS E PRESERVATIVO. Castelli, ordinario di malattie infettive all'Università di Brescia e volontario in Africa. "Il profilattico? Da solo non basta per fermare il virus dell'HIV"


L’Aids in Africa: noi, scienziati col Papa

AFRICA/ 1. Jovine (malata Aids): senza marito e con sei figli ormai orfani, a che mi servono i condom?

AFRICA/ 2. Green (Harvard): io, scienziato laico, sto con il Papa

Aids, allarme sommerso. L’Istituto di Sanità: “La soluzione in Africa non è il condom”

Asianews: La "minaccia" della Chiesa Cattolica e l'aids

Riccardo Bonacina: Il papa, l'Aids e la malafede di Francia, Spagna e UE

Il blog della prof: Il preservativo mediatico

Intervista. Paola Germano, responsabile del programma DREAM: "Il papa ha chiesto cure gratis, in sintonia con la scienza"

Camillo Langone e la favola di cappuccetto rotto. Il Foglio


venerdì 13 marzo 2009

Nour: piccolo frammento della storia ordinaria di un immigrato clandestino

S. è ancora minorenne. Viene in terapia da un paio di mesi. Pare stia uscendo molto bene (facendo i dovuti scongiuri, ovviamente) da una storia di tossicodipendenza iniziata a soli 12 anni. Nella poca strada che ha percorso da quando è nata, è stata azzannata da molti lupi spietati.
I lupi che ha incontrato erano italiani e stranieri, senza distinzione. Tra questi non c'era Nour, immigrato clandestino. S. oggi mi ha parlato di lui. Per sopravvivere faceva il pusher, ma detestava farlo. Quando lei andava a chiedergli la roba, lui si rifiutava di dargliela: sei troppo piccola, vattene a casa. Devi uscirtene fuori da questo schifo. Poi lui ha trovato il coraggio per cambiare mestiere, ed ha cominciato a spaccarsi la schiena in campagna per mantenersi e mandare i soldi a casa in Marocco. Continuavano a sentirsi al telefono, e lui era felice che S. ne stesse uscendo fuori. Continuava ad incoraggiarla, e per lei era importante.
E' stato fermato questa settimana, e verrà espulso per immigrazione clandestina. Un suo connazionale, uno dei lupi, è stato invece arrestato per spaccio di sostanze stupefacenti: starà un pò al fresco.
S. ha pianto molto questa settimana: è affezionata a Nour. Sono amici e basta, ma sono amici sul serio. Sa che per un pò di tempo è stato forse l'unico a volerle bene davvero, gratis. Le dispiace che vada via.

lunedì 9 marzo 2009

Cosa c'è che non va?

A proposito ancora del disagio dei nostri ragazzi, devo ringraziare cybermaster per aver appena trovato nel suo blog un bellissimo video prodotto da una scuola di Enna per aiutare una studentessa anoressica.
Quello che i ragazzi cantano nel video mi sembra richiamare in qualche modo alcune delle cose che ho scritto nel post precedente. In modo particolare il bisogno di essere "visti" realmente:

" ... Guardami negli occhi professore
Chiediti perché non so rispondere
Non c´è solo latino voto e disciplina
Ci sono pure io e il male che ho io

Guardami negli occhi genitore
Chiediti perché non sto in famiglia
Non c´è soltanto shopping,
macchina e carriera
Ci sono pure io e il male che ho io ... "

Copio qui il video perchè penso meriti quanta più visibilità possibile. Questo è poi il sito della bellissima iniziativa: http://www.cosacekennva.it/index2.htm

Convegno sulla famiglia

Sono stato per un paio di giorni a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. Mi hanno invitato a parlare in un bel convegno su "Emergenza famiglia: fra etica, educazione possibile e politiche efficaci". Ho avuto l'onore di presentare la mia relazione, centrata sugli aspetti clinici del lavoro con le famiglie presso il servizio per le tossicodipendenze e per i disturbi del comportamento alimentare dove attualmente lavoro, insieme a due importanti docenti universitari che non conoscevo: il prof. Francesco Gatto, ordinario di didattica e pedagogia e prorettore dell'Università di Messina, ed il Prof. Giovanni Russo, ordinario di bioetica e direttore della scuola superiore di bioetica e sessuologia di Messina.
Ha poi relazionato anche l'Assessore alla Solidarietà Sociale della Provincia di Messina, dott. Pio Amodeo.
Ho ricevuto diversi stimoli e spunti di riflessione, ma mi ha colpito in modo particolare il fatto che le relazioni presentate da persone che non si erano mai conosciute prima, ed appartenenti ad aree professionali diverse, fossero così vicine nell'impostazione, nella analisi dei fenomeni e dei problemi legati alla famiglia in questo contesto storico e culturale, ed anche del possibile lavoro da svolgere sulle famiglie e con le famiglie.
Dopo aver presentato due storie familiari difficili ed il lavoro che stiamo facendo su di loro, ho concluso il mio intervento così: "Queste due storie presentano a mio parere alcuni elementi comuni, che sono poi caratteristici di tante altre storie familiari che incontro quotidianamente nel mio lavoro.
In primo luogo, la sofferenza di figli, che per un motivo o per un altro, e molto spesso al di là di una intenzionalità da parte dei genitori, finiscono per non essere “visti” all’interno del nucleo familiare: vuoi per situazioni di separazione o divorzio vissute male, vuoi per inadeguatezze di tipo relazionale di uno o di entrambi i genitori, vuoi per problemi psichici o di personalità di qualcuno dei membri della famiglia, vuoi per problemi contingenti i più vari, come ad esempio difficoltà economiche, situazioni di handicap nel nucleo familiare, e così via.
E’ un dato assodato che se la famiglia attraversa momenti di difficoltà molto spesso è sola, o gli aiuti che riceve non sono sufficienti. E così nascono, o vengono favorite nel loro svilupparsi, sofferenze che a volte non hanno parola, intense e raggrumate, dure come pietre, senza che trovino presenze amiche, od almeno professionalmente competenti, che possano alleviarle, o tentare di dar loro un senso. Dare un senso, quindi dare parola; ed ascoltare parole; e costruire (o ri-costruire) narrazioni, racconti, storie di sé e del proprio mondo, nel contesto di relazioni incarnate nel quotidiano, fatte di presenza partecipe ed empatica.
Dall’altra parte c’è la sofferenza di genitori che sono sempre più spesso smarriti, defraudati della propria autorevolezza, o a disagio nel guardare dentro di sé, dentro le proprie emozioni, i loro sentimenti, ed ancora una volta nell’ essere in grado di dare parola e corpo ad emozioni e sentimenti, perché possano essere guida per i figli, autorevole per il semplice ed assolutamente non scontato fatto di “esserci-con” loro.
Il tentativo che stiamo provando a mettere in atto nel nostro ruolo di terapeuti è quello di fungere da ponti, che siano in grado, con pazienza e rispetto, di far incontrare tra di loro sofferenze e risorse chiuse nel proprio silenzio autoreferenziale, e lasciare che vengano riannodati i fili di una rete relazionale lacerata dagli scogli dell’incuria, dell’incomprensione, della stanchezza, e del venir meno di speranza e fiducia, che da sole potrebbero invece permettere l’ampliarsi di orizzonti in apparenza irrimediabilmente cupi e ristretti
".
Il consenso che ho ricevuto in primo luogo dagli altri relatori, inaspettato per il calore che persone così autorevoli mi hanno dimostrato su cose che mi sembravano non particolarmente originali, forse anche un pò scontate, mi ha fatto bene.
Torno al lavoro con un pizzico di fiducia in più nel fatto che le cose che sto sperimentando insieme agli altri operatori forse hanno un pò più senso di quanto io stesso credessi. Lo spero, almeno.